«Sospetto che tutto quanto è successo non sia stato fortuito, ma che corrisponda a un
destino disegnato prima della mia nascita ed Esteban García è parte di questo
disegno. È un tratto rozzo e contorto, ma nessuna pennellata è inutile. Il
giorno in cui mio nonno gettò a terra tra le erbacce del fiume sua nonna,
Pancha García, aggiunse un altro anello a una catena di eventi che dovevano
compiersi. Poi il nipote della donna violentata ripeté il gesto con la nipote
del violentatore e tra quarant’anni può darsi che mio nipote getti a terra fra
i cespugli del fiume la sua e così via, per i secoli a venire, in una storia
interminabile di dolore, di sangue e di amore. Nella cella d’isolamento mi era
parso di combinare un rompicapo in cui ogni pezzo ha un posto preciso. Prima di
sistemarli tutti, mi sembrava incomprensibile, ma ero sicura che, se riuscivo a
finirlo, avrei dato un senso a ciascuno e il risultato sarebbe stato armonioso.
Ogni pezzo ha una ragione di essere così com’è, compreso il colonnello García.
Ogni tanto ho la sensazione che questo l’ho già vissuto e che ho già scritto
queste stesse parole, ma capisco che non sono io, bensì un’altra donna, che
aveva preso appunti sui quaderni affinché io me ne servissi. Scrivo, lei ha
scritto, che la memoria è fragile e il corso di una vita è molto breve e tutto
avviene così in fretta, che non riusciamo a vedere il rapporto tra gli eventi,
non possiamo misurare le conseguenze delle azioni, crediamo nella finzione del
tempo, nel presente, nel passato, nel futuro, ma può anche darsi che tutto
succeda simultaneamente, come dicevano le tre sorelle Mora, che erano capaci di
vedere nello spazio gli spiriti di ogni epoca. Per questo mia nonna Clara
scriveva nei suoi quaderni, per vedere le cose nella loro dimensione reale e
per schernire la cattiva memoria.»
“La casa
degli spiriti”, Isabel Allende, Universale Economica Feltrinelli, p.363
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