lunedì 28 maggio 2012

Principe Myskin colpisce ancora: ultime battute

Ripubblico un brano proveniente dalle ultime vicende de "L'idiota" di F. Dostoevskij che ho accidentalmente cancellato.

"Tutti tornavano in salotto dove, però, c'era un'altra sorpresa che li attendeva.
Aglaja, non solo non stava ridendo ma parlava al principe con una certa timidezza.
<<Perdonatemi. Perdonate una ragazza sciocca, cattiva e viziata (gli teneva la mano mentre glielo diceva), e state pur tranquillo che tutti noi vi stimiamo immensamente. Se io ho osato approfittare della vostra... ingenuità, siate buono e perdonatemi di aver insistito tanto sopra una sciocchezza che, alla fine, non potrà avere la minima conseguenza>>, concluse Aglaja, sottolineando le ultime parole.
Tutti furono colpiti dalla frase "una sciocchezza che, alla fine, non potrà avere la minima conseguenza" ma, in particolare, il padre, la madre e le sorelle furono colpiti dalla serietà che aveva Aglaja mentre la pronunciava. Tutti s'interrogavano con lo sguardo; il principe non aveva fatto caso a quelle parole e sembrava al colmo della felicità.
<<Perchè parlate così>>, balbettò, <<perchè dovreste cheidermi perdono?>>.
Il principe avrebbe anche voluto aggiungere che lui non meritava che gli si chiedesse perdono. Era difficile dire se avesse capito che Aglaja stava parlando di "una sciocchezza" perchè, strano com'era, forse aveva capito benissimo e si rallegrava proprio per questo. Per lui, il solo fatto di poter fare visita ad Aglaja, intrattenersi con lei, passeggiare insieme, rappresentava il massimo della felicità... e chissà! Magari si sarebbe accontentato solo di questo per tutta la vita!"  (pp.400-401)

mercoledì 16 maggio 2012

Un caso pietoso

Aveva una strana abitudine autobiografica che gli faceva comporre di volta in volta nella sua mente una breve frase su sè stesso, col soggetto in terza persona e il verbo al passato remoto. [...] Cenava in una trattoria in George's Street dove si sentiva al sicuro dalla gioventù dorata di Dublino e dove c'era una certa genuinità nella lista del cibo. Le sue serate le passava o davanti al piano della sua padrona di casa o vagando per i sobborghi della citta. La sua passione per la musica di Mozart a volte lo portava all'opera o a un concerto queste erano le uniche dissipatezze della sua vita. Non aveva nè compagni nè amici, nè chiesa nè credo. [...]
Una sera si ritrovò seduto vicino a due signore nella Rotonda. La sala, con poche persone e silenziosa, faceva prevedere un desolante fiasco. La signora che sedeva più vicino a lui guardò un paio di volte la sala deserta e poi disse:
- Che peccato che ci sia così poca gente nella sala stasera. E' tanto brutto cantare davanti a delle poltrone vuote.
Lui raccolse l'osservazione come un invito a parlare. Fu sorpreso nel notare come lei fosse tanto disinvolta. Mentre parlavano lui cercò di fissarla nella memoria. [...] Il suo viso, che doveva essere stato bello, aveva ancora un'aria intelligente. [...]
Poichè suo marito era spesso fuori per lavoro e sua figlia fuori per dare lezioni di musica, Mr Duffy aveva molte occasioni per godere della compagnia della signora. Nè lui nè lei avevano avuto avventure simili in precedenza e neanche ci trovavano qualcosa di sconveniente. A poco a poco lui intrecciò i propri pensieri con quelli di lei. Lui le prestava libri, le dava delle idee, divideva la vita intellettuale con lei. Lei ascoltava tutto. Qualche volta in cambio delle sue idee lei gli dava qualche episodio della propria vita. Quasi con sollecitudine materna lei lo spingeva ad aprire appieno la sua natura: lei divenne il suo confessore. [...]
Lei gli chiese perchè non scrivesse i suoi pensieri. Per che cosa? le chiese, con sprezzo cortese. Per competere con quei mangiaparole, che non erano capaci di pensare consecutivamente per sessanta secondi? Per sottomettersi alla critica di un'ottusa borghesia che affidava la sua moralità ai poliziotti e la sua arte agli impresari?
Lui andava spesso al villino di lei fuori Dublino; spesso passavano la serata da soli. A poco a poco, mentre i loro pensieri si univano, parlavano di argomenti meno remoti. La compagnia di lei era come terra calda per una pianta esotica. Molte volte lei si tratteneva dall'accendere la lampada, e lasciava che il buio li circondasse. La scura stanza discreta, la loro solitudine, la musica che ancora vibrava nelle loro orecchie li univa. Questa unione lo esaltava, gli smussava i profili affilati del suo carattere, eccitava la sua vita mentale. Qualche volta si sorprendeva ad ascoltare il suono della sua stessa voce. Lui non pensava che agli occhi di lei, aveva raggiunto una sfera angelica; e, mentre legava a sè sempre più strettamente la natura fervida della sua compagna, sentiva la strana voce impersonale che riconosceva come sua, e che insisteva sull'incurabile solitudine dell'anima. Non possiamo darci agli altri, diceva; siamo solo nostri
Una sera la chiusa di uno di questi discorsi fu che Mrs Sinico, che aveva mostrato i segni di un'insolita eccitazione, prese la mano di lui appassionatamente e la premette sulla sua guancia. Mr Duffy fu molto sorpreso. Lei aveva interpretato le sue parole in un modo che lo aveva disilluso. [...]
Passarono quattro anni. Mr Duffy tornò alla sua piatta vita. Una delle sue frasi, scritta due mesi dopo il suo ultimo incontro con Mrs Sinico, diceva: "L'amore tra uomo e uomo è impossibile perchè non può esserci rapporto sessuale, e l'amicizia tra uomo e donna è impossibile perchè non può esserci un raporto sessuale". Si tenne lontano dai concerti per non incontrarla. [...]  
Inveì contro la rettitudine della sua vita; sentì che era stato escluso dal banchetto della vita. Un essere umano sembrava averlo amato e lui gli aveva negato la vita e la felicità: l'aveva condannata all'ignominia, ad una morte vergognosa. [...]
Non la sentiva più vicino a lui nè sentiva la sua voce sfiorargli l'orecchio. Aspettò per qualche minuto. Non riusciva a sentire niente: la notte era perfettamente silenziosa. Ascoltò ancora: perfettamente silenziosa. Sentì di essere solo. 

~James Joyce, "Un caso pietoso" (da "Gente di Dublino")

venerdì 4 maggio 2012

Un lupo della steppa

"Non deve però stupirci che un uomo così istruito e intelligente come Harry possa credersi un "lupo della steppa" e pensare che si possano accogliere le forme ricche e complicate della sua vita entro una formula così semplice, così brutale, così primitiva. L'uomo non possiede un'alta facoltà di pensiero e, per quanto sia intelligente e colto, vede continuamente il mondo e sè stesso, specie sè stesso, attraverso le lenti di formule molto ingenue, semplificanti e traditrici. Infatti, a quanto pare, tutti gli uomini hanno un bisogno innato e impellente di immaginare il proprio io come unità. Per quanto venga scossa anche gravemente, questa illusione si rimargina ogni volta." (Dissertazione, p. XVI)


"Mi misi accanto a quel giovane e ordinai un whisky. Mentre bevevo osservai il profilo del giovane che mi parve noto e delizioso come una visione di tempi molto lontani attraverso il velo di polvere del passato. E un baleno mi attraversò la mente: era Ermanno, il mio amico di infanzia.
"Ermanno!" esclamai timidamente.
Egli sorrise: "Harry? Mi hai trovata?"
Era Erminia con qualche ritocco alla pettinatura, solo leggermente truccata, e il suo viso intelligente, pallido e nobile mi guardava di sopra al colletto alla moda [...] "  (p.148)