sabato 9 ottobre 2010

Il falcone di Gengis Khan


Sto leggendo un libro che si ricollega perfettamente all'idea con cui ho cominciato questo blog. Si tratta di "Come il fiume che scorre", una raccolta di racconti e situazioni di viaggio e di vita dello scrittore brasiliano Paulo Coelho. Eccone uno dei miei estratti preferiti:

Una mattina il condottiero mongolo Gengis Khan e il suo seguito andarono a caccia. Mentre i suoi compagni avevano portato arco e freccia, Gengis Khan aveva sul braccio il suo falcone prediletto, che era migliore e più preciso di qualunque freccia, perché poteva librarsi nel cielo e vedere tutto ciò che un essere umano non può vedere.
Tuttavia, nonostante il grande entusiasmo del gruppo, non riuscirono a trovare nulla. Deluso, Gengis Khan fece ritorno all’accampamento, ma, per evitare di scaricare la sua frustrazione sui compagni, si separò dalla comitiva e decise di proseguire da solo.
Erano rimasti nella foresta più di quanto fosse previsto, e Khan stava morendo di stanchezza e di sete. A causa della calura estiva i ruscelli erano in secca, e non riuscì a trovare nulla da bere finchè – miracolo! – scorse un filo d’acqua sgorgare da una roccia di fronte a lui.
Immediatamente si tolse il falcone dal braccio, afferrò il piccolo boccale d’argento che portava sempre con sé, lo riempì con grande pazienza ma, mente stava per portarselo alle labbra, il falcone spiccò il volo e gli strappò di mano il bicchiere, facendolo cadere lontano.
Gengis Khan si infuriò, ma l’animale era il suo favorito, e pensò che forse anche lui avesse sete. Raccolse il calice, tolse la polvere e tornò a riempirlo. Quando fu pieno a metà, il falcone attaccò nuovamente, rovesciando il liquido.
Gengis Khan adorava il suo animale, ma sapeva anche che non doveva lasciarsi mancare di rispetto in nessuna circostanza, poiché qualcuno poteva assistere la scena da lontano e in seguito riferire ai guerrieri che il grande conquistatore era incapace di dominare un semplice uccello.
Quindi sguainò la spada, prese il calice, e ricominciò a riempirlo, osservando il falcone con la coda dell’occhio. Appena ebbe acqua a sufficienza, si apprestò a bere, ma ancora una volta il falcone si alzò in volo e si diresse verso di lui. Khan, con un solo fendente, gli trapassò il petto.
Il filo d’acqua si era esaurito. Deciso a bere a ogni costo, scalò la roccia alla ricerca della sorgente. Con sua sorpresa, trovò una pozza d’acqua con nel mezzo, morto, uno dei serpenti più velenosi della regione: se avesse bevuto l’acqua, Khan non sarebbe più stato nel mondo dei vivi.
Fece ritorno all’accampamento, tenendo tra le braccia il falcone morto. Ordinò una riproduzione in oro dell’uccello, e su una delle ali incise:Anche quando un amico fa qualcosa che non ti piace, egli continua a essere un tuo amico.”
Sull’altra ala fece scrivere: Qualunque azione motivata dal furore, è un’azione condannata al fallimento.”  

1 commento:

  1. uh. si sposa perfettamente con la situazione. :)
    è un libro che fa pensare troppo. tutte quelle storie e storielle..sono semplici ma dal profondo significato.
    in questo caso, più che la prima, preferisco la seconda frase...niente di più vero...

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