Esenin è un poeta di cui sono innamorata, dalle sue "Confessioni di un teppista", scoperte tramite la meravigliosa versione musicata di Angelo Branduardi, "Confessioni di un malandrino".
In questo passo del libro si coglie la sua essenza.
Libro sulla poesia eseniana, prestatomi da un'amica appena conosciuta nel Dicembre 2019 e ancora in mio possesso.
Mi è tanto piaciuto al punto da spingermi a riprendere questo blog di citazioni letterarie oramai abbandonato da 10 anni.
"Certo a Kostantinovo non giungevano che smorzate e lente, più lievi che echi, le notizie della vita di Russia, vicende e fatti delle lontane province avevano soltanto valore di racconto, quasi di imprese e avventure di un mondo straniero. Così, i contatti veramente vitali, sanguigni, si stringevano piuttosto che con esse, con le storie minime e quotidiane di un luogo di campagna posto ai confini del mondo.
I giorni del giovane Sergio si legavano ai fatti paesani, alle storie e leggende raccontate la sera, agli avvenimenti piccolissimi di una quieta esistenza contadina. Entravano nella sua vita gli elementi stessi del tempo contadino. Della gente di terra, a cui apparteneva, gli rimase sempre la facoltà di paragone e giudizio, la sorte di sentirsi estraneo appena fuori del cerchio delle voci del proprio villaggio, quella ostilità sorda, anche se dimessa e innocente, verso gli «altri uomini».
Ilja Erhemburg parla di lui, a Mosca, come di una visione. Gli occhi celesti estatici del sognatore vagabondo e sperduto, l'aria lontana e sofferente del provinciale, se non intimidito dalla città, certo estraneo e nemico e giudice dei cittadini, dei costumi, dell'aria stessa della città.
Fino al suo primo incontro con la poesia, nulla gli era avvenuto. Nessuna sensazione di un domani diverso, nessun dubbio sulla propria felicità. Tranquilla vita a Kostantinovo di un ragazzo russo coi compagni e le bestie, le abitudini millenarie della gente povera, i paesaggi immobili e ripetuti della campagna. Gli studi ripresi e rotti più volte, come accadeva sovente nei villaggi, ove il lavoro e l'indigenza costringevano i ragazzi anche volenterosi (e tra questi non era Sergio) ad abbandonare i libri in soccorso alle mani paterne.
Fu un vecchio libro di poesie e leggende popolari a svegliare in lui la sensazione della poesia. L'incontro casuale lo commentò assieme al nonno, come di una cosa straordinaria, una scoperta da ragazzi: «Allora per la prima volta - m'imbattei nella rima - dalla febbre dei sentimenti - avevo il capogiro... Anni lontani, come in una nebbia - riodo il nonno dirmi con tristezza: - Serve a niente, ma se ti piace, scrivi di frumento - e soprattutto di cavalle...». A questo incredibile testamento poetico dell'avo, Serghej serbò fede per tutta la vita.
Dall'incontro con la poesia nacquero nella mente del ragazzo i sogni più colorati «di gloria, di ricchezza - perfino di un monumento a Riazan...».
Fu con questo esilissimo bagaglio di esperienza che il ragazzo Serghej Alexandrovic Esenin non ancora diciassettenne lasciò Riazan e se ne arrivò a Pietroburgo. Si era alla vigilia della grande guerra.
È noto il richiamo che le due grandi città russe esercitavano nelle province, specie sui giovani. La vita intensa e varia, i molteplici interessi, la vivacità delle discussioni, quel ritmo rapido sognato avevano sempre costituito un miraggio già dai tempi più antichi. Dinanzi alla luce che splendeva in esse, le cittadine, per non dire dei paesi e i villaggi, parevano luoghi deserti ove nulla poteva accadere a mutare il corso degli avvenimenti, sempre uguali e monotoni. Abitare in una delle due città costituiva già di per sè un titolo di riconoscimento."
da "Serghej A. Esenin L'estremo cantore dell'antica Russia di fronte alla rivoluzione" di Giovanni Arpino