Tutta mesta se ne stava alla finestra del 'salotto' (così la Bartholomew aveva battezzato la biblioteca); e il peso della crinolina che remissivamente aveva adottato l'attirava a terra, Mai aveva indossato un abito tanto pesante, tanto cupo, che l'avesse impacciata a tal segno. Ora sì che aveva finito di correre in giardino coi suoi cani, o di salire leggera l'erta della collina, per andarsi a gettare sotto la quercia [...]. Diventava apprensiva, vedeva dei ladri nascosti negli anditi, e per la prima volta in vita sua ebbe paura dei fantasmi nell'aggirarsi per i corridoi. Tutte queste cose la resero proclive a riconoscere, a poco a poco, la nuova invenzione, sia che fosse della regina Vittoria o di qualcun altro; cioè, che ogni uomo, ogni donna ha un compagno nella vita, il quale gli è predestinato, che protegge o da cui è protetto, sino all'istante in cui la morte li separerà. E sentiva che sarebbe stato un grande conforto potersi appoggiare; sedersi; anzi, coricarsi; e non levarsi mai, mai, mai più. Ecco come lo spirito agiva su di lei, malgrado tutto il suo passato orgoglio [...]."
Come mai Orlando, abituata all'avventura, dopo lo scherzo della rana nel colletto dell'Arciduca, sembra convincersi a sposarsi? Come mai lei, inorridita dal cattivo gusto delle coppie saldate assieme, comincia ad osservare apprensivamente le fedi nuziali della gente che la circonda? Come mai si cruccia della propria solitudine, pur non sapendo scegliere alcuno con cui ammaritarsi? "Non era Orlando che parlava, ma lo spirito del tempo" dice Virginia.
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'Orlando', V. Woolf, edizione Oscar Mondadori |