mercoledì 27 marzo 2013

Il nonsenso della vita


"Vide [...] la folla lungo il percorso: i pugni alzati, le facce stravolte con le bocche spalancate a insultare e a maledire e a invocare una morte, la sua morte! Proseguendo verso porta S. Gaudenzio, s'accorse che per non sentire quelle grida bastava non ascoltarle. Guardava i volti e  i corpi degli uomini là fuori come avrebbe guardato dei pesci in una boccia di vetro; li vedeva lontani e anche strani, anzi si meravigliava di non avere mai fatto caso a quei dettagli che ora le sembravano così assurdi, di non essersi mai stupita in precedenza di quelle forme, considerandole - come tutti - inevitabili, e assolutamente sensate! Di averle sempre credute... normali! Quei cosiddetti nasi, quelle orecchie... Perchè eran fatte così? Quelle bocche aperte, con dentro quei pezzi di carne che si muovevano... che insensatezza! Che schifo! E quell'espressione incontenibile di odio, da parte di individui che fino a pochi giorni prima non sapevano nemmeno che lei esistesse e ora volevano il suo sangue, le sue viscere, reclamavano d'ammazzarla loro stessi, lì sul momento e con le loro mani... C'era forse un senso, una ragione in tutto questo? E se non c'era, perchè accadeva? Ecco, pensava: io sto qui, e non so perchè sto qui; loro gridano, e non sanno perchè gridano. Le sembrava di capire, finalmente!, qualcosa della vita: un'energia insensata, una mostruosa malattia che scuote il mondo e la sostanza stessa di cui sono fatte le cose [...].
Anche la tanto celebrata intelligenza dell'uomo non era altro che un vedere e non vedere, un raccontarsi vane storie più fragili d'un sogno: la giustizia, la legge, Dio, l'Inferno... 
«Maledetta strega! Devi crepare! A morte! Al rogo!»"

Sebastiano Vassalli - "La chimera", p.291-292 edizione Einaudi



venerdì 15 marzo 2013

Una strada a sé

« - Uhm! Io dico - interruppe il dottore - che voi avete bisogno di una radicale trasformazione di tutta la vostra vita e, in certo senso, di far violenza al vostro carattere. - Krest'jàn Ivànovic accentuò con forza la parola 'violenza' e si fermò per un momento con aria assai significativa. - Non rifuggire dal far vita allegra, frequentare gli spettacoli e il circolo e, in ogni caso, non esser nemico della bottiglia. Restare in casa non serve... voi non dovete assolutamente stare in casa. 

 - A me, Krest'jàn Ivànovic, piace la quiete - disse il signor Goljadkin dando uno sguardo significativo a Krest'jàn Ivànovic  e cercando evidentemente le parole per esprimere nel modo più felice il suo pensiero – in casa ci sono soltanto io, con Petruška… voglio dire, il mio servo, Krest'jàn Ivànovic. Voglio dire, Krest'jàn Ivànovic, che io faccio la mia strada, una strada a sé, Krest'jàn Ivànovic. Me ne sto per conto mio e, per quanto mi sembra, non dipendo da nessuno. […] Io, Krest'jàn Ivànovic, sono una persona pacifica, come già, mi pare, ho avuto l’onore di spiegarvi, la mia strada però se ne va per conto suo, Krest'jàn Ivànovic. Il cammino della vita è largo…  […] Scusatemi, Krest'jàn Ivànovic, io non sono un maestro di eloquenza.

-Uhm!... voi dite…

- Io dico che dovete scusarmi, Krest'jàn Ivànovic, se io, per quanto mi pare, non sono un maestro di eloquenza- disse il signor Goljadkin con un tono mezzo offeso perdendo il filo e confondendosi. – Da questo lato io, Krest'jàn Ivànovic, non sono come gli altri – soggiunse con un certo sorriso speciale . e non so parlar molto, non ho imparato ad abbellire il discorso. In compenso io, Krest'jàn Ivànovic, agisco; in compenso agisco, Krest'jàn Ivànovic!

- Uhm!... Come dunque… voi agite? […]

- […] Io, Krest'jàn Ivànovic, amo la tranquillità, e non il rumore mondano. Là da loro, dico, nel gran mondo, Krest'jàn Ivànovic, bisogna saper lustrare i pavimenti con gli stivali… - qui il signor Goljadkin strisciò un pochino il piede per terra – là esigono questo, ed esigono anche la freddura… bisogna saper mettere insieme un complimento profumato… ecco quello che là si esige. E io questo non l’ho imparato, Krest'jàn Ivànovic; tutte queste finezze non le ho imparate; non ne ho avuto il tempo. Io sono una persona semplice, senza complicazioni, e lustro esteriore in me non ce n’è. In queste cose, Krest'jàn Ivànovic, io poso le armi; io, parlando in questo senso, le depongo. – Tutto ciò il signor Goljadkin lo disse, s’intende, con una cert’aria che dava chiaramente a capire che al nostro eroe non rincresceva affatto di deporre, in questo senso, le armi e di non aver imparato le finezze, tutto all’opposto anzi. »

"Il sosia", 1866, F.Dostoevskij (dalla raccolta "Racconti e romanzi brevi")